C’è chi pensa che la sala del cinema, ritrovata per la prima volta a
Venezia in occasione della Mostra, sia il luogo più sicuro, tra distanze, mascherine e termoscanner, chi è certo che il cinema troverà l’accordo perfetto tra streaming e grande schermo, chi ha ancora paura, ma sa di dover uscire dalla caverna e provarci, camminando “go ahead”, sempre avanti, come dice la piccola Eleanor in Miss Marx.
Festival e rassegne hanno riaperto i battenti, rispettosi del protocollo e di tutte le norme di sicurezza possibili. Anche il virus al cinema non ha infettato nessuno. Non sarebbe il caso di sostenerli, questi “antivirali”, invece di lasciarli morire in sordina, o sopravvivere a stento nel silenzio generale?
Allo stato attuale i teatri e i cinema sono i luoghi di socialità più sicuri. È sufficiente la sporadica frequentazione dei medesimi, un mirato scambio di battute con gli addetti ai lavori variamente impegnati sul campo, due parole con i frequentatori più assidui, per poterlo affermare senza timore di essere smentiti.
Festival e rassegne più o meno celebri, più o meno foraggiati e sponsorizzati, più o meno blasonati, piccoli e grandi, hanno riaperto i battenti, rispettosi del protocollo e di tutte le norme di sicurezza possibili.
Rilevamento di temperatura, accompagnamento sul posto, mascherina, gel, gestione dei flussi in entrata e in uscita, distanziamento di un metro assicurato dai posti a sedere, biglietteria elettronica, prenotazione obbligatoria, posti a nominativo fisso per consentire la rintracciabilità, non si sa mai.
Insomma, si sono messe pure le mani avanti. E invece il virus, a teatro e al cinema, non si è fatto sentire e non ha infettato nessuno.
Sembra che non ami la disciplina e alla bellezza non si senta adeguato.Perché nell’understatement svogliato in cui campa lo spettacolo finisce che le buone notizie siano oscurate dalle prove contrarie che arrivano da luoghi altri di aggregazione. Quei luoghi dove si condividono umori e respiri tutti attaccati appiccicosi e ansimanti. E allora il rischio è che con l’acqua sporca si butti anche il bambino, che è più sano che mai. Il rischio è che la retroguardia si estenda laddove le regole non solo esistono ma si fan rispettare, mostrando che una nuova condivisione è ancora possibile.